La procedura fallimentare in sintesi: come si svolge

La procedura fallimentare in sintesi: come si svolge

La dichiarazione di fallimento può avvenire su iniziativa del creditore o dello stesso debitore, del curatore fallimentare di una società, limitatamente alla richiesta che il fallimento sia esteso anche al socio occulto o di fatto e del p.m.. Quest’ultimo, però, può proporre istanza di fallimento solo:

  • allo scopo di esercitare l’azione penale nell’ambito di un procedimento penale;
  • nell’ambito di un procedimento civile quando a rilevarla e segnalarla è il giudice.

L’organo principale investito dell’intera procedura fallimentare è il tribunale del luogo dove l’imprenditore ha la sede principale dell’impresa; tutti i suoi provvedimenti sono pronunciati per decreto.
Il procedimento per la dichiarazione di fallimento si svolge innanzi al tribunale, in composizione collegiale, con le modalità dei procedimenti in camera di consiglio; il procedimento può essere affidato anche ad un giudice relatore, nominato dal presidente del tribunale.

L’istruttoria prefallimentare (art.15 legge fallimentare): è la procedura che segue alla domanda, propedeutica alla dichiarazione di fallimento, che ha il compito di accertare che sussistano i presupposti necessari ai fini della fallibilità.
I passaggi previsti sono:

  • entro 45gg. dal deposito del ricorso, le parti vengono convocate in udienza, fermo restando l’obbligo che siano  trascorsi 15gg. tra la data dell’udienza e quella di notificazione del ricorso ed emissione del decreto di fissazione dell’udienza;
  • entro massimo 7gg. dall’udienza, le parti possono presentare memorie, documenti e relazioni tecniche; l’imprenditore deve depositare, ove non lo abbia già fatto, i bilanci relativi agli ultimi 3 anni di esercizio e la situazione economico, finanziaria e patrimoniale;
  • il tribunale può emettere provvedimenti cautelari o conservativi ad istanza di parte, a tutela del patrimonio dell’impresa per la durata dell’istruttoria fallimentare.

L’esito della procedura
La procedura può concludere con:

  • una sentenza che dichiara il fallimento, se il tribunale ritiene fondati i motivi del ricorso;
  • un decreto che rigetta il ricorso se il tribunale ritiene che manchino i presupposti per l’accoglimento dell’istanza di fallimento;
  • l’archiviazione del procedimento;
  • una dichiarazione di incompetenza alla quale seguirà l’investitura del tribunale competente e la trasmissione degli atti a quest’ultimo.

Il tribunale dichiara il fallimento dell’imprenditore con sentenza (art. 16 legge fallimentare) che, entro il giorno successivo al deposito in cancelleria, è notificata, su richiesta del cancelliere, al p.m., al debitore ed è comunicata per estratto, ex art. 136 c.p.c., al curatore ed al richiedente il fallimento.
L’estratto deve contenere il nome del debitore, il nome del curatore, il dispositivo e la data del deposito della sentenza

La sentenza dichiarativa di fallimento produce i suoi effetti dalla data della pubblicazione, mentre nei confronti dei terzi gli effetti si producono dalla data di iscrizione della sentenza nel registro delle imprese.
Contro la sentenza, infine, si può proporre reclamo entro 30gg..

Effetti patrimoniali:

  • si ha il cd. spossessamento, perdendo il fallito la disponibilità e l’amministrazione dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento, compresi i beni che pervengono al fallito durante il fallimento;
  • gli atti compiuti dell’imprenditore successivi alla dichiarazione di fallimento sono inefficaci nei confronti dei creditori;
  • il fallito perde la legittimazione processuale nelle controversie riguardanti i rapporti patrimoniali, per le quali sta in giudizio il curatore fallimentare.

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