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I buoni fruttiferi postali

I buoni fruttiferi postali emessi da Poste Italiane e contraddistinti dalle lettere Q, R, S, emessi tra il 1986 e il 1997, potrebbero presentare vizi formali: nel senso di non riportare quanto dispone il D.M. 13 giugno 1986. E, invero, l’art. 5 del decreto ora richiamato stabilisce che per i buoni fruttiferi sopraindicati venga apposto un timbro sulla parte anteriore con la dicitura “serie Q/P” e un timbro sulla parte posteriore recante la misura dei nuovi tassi d’interesse

Spesso capita che nella parte posteriore si apponesse solo un timbro di modifica dei tassi di interesse fino al 20° anno e non anche i rendimenti in ordine al periodo compreso dal 21° al 30° anno. Nella prospettata ipotesi deve essere tutelato l’affidamento del sottoscrittore e riconoscere il suo diritto ai rendimenti originari previsti per l’ultimo decennio di durata dei buoni.

Il ricalcolo degli interessi puoi effettuarlo qui.

Chi può fare ricorso

I soggetti in possesso di buoni fruttiferi postali appartenenti alle serie Q/P indicati possono presentare ricorso, purché riportino sul titolo due distinti timbri sia nella parte anteriore sia in quella posteriore.

Il ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario

Il ricorso si propone innanzi all’Arbitro Bancario Finanziario mediante il versamento del solo contributo di segretaria (euro 20). La domanda del ricorrente consiste nel chiedere il rimborso secondo i tassi d’interesse da applicare dal ventunesimo al trentesimo anno come quelli riportati sul sui titoli secondo l’originario regolamento pattizio.

L’orientamento dell’Arbitro Bancario Finanziario

È orientamento consolidato dell’Arbitro bancario finanziario che i rendimenti stabiliti sui buoni fruttiferi prevalgono su diversi rendimenti previsti in decreti ministeriali antecedenti all’emissione dei titoli (per tutte, ABF, Coordinamento, n. 6142/2020).

E ciò in conformità alle statuizioni del Supremo Collegio: “il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli [è] destinato a formarsi proprio sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti. Al richiedente il buono postale è stata prospettata un’operazione finanziaria connotata nei termini specificamente indicati nei buoni […]. [N]on può in alcun modo ritenersi che [il sottoscrittore] dovesse essere edotto anche del fatto che – già in quel momento – le condizioni di emissione erano diverse da quelle che gli venivano prospettate mediante la consegna dei titoli così formulati.

La discrepanza tra le prescrizioni ministeriali e quanto indicato sui buoni offerti in sottoscrizione […] non può far ritenere che l’accordo negoziale, in cui pur sempre l’operazione di sottoscrizione si sostanzia, abbia avuto ad oggetto un contenuto divergente da quello enunciato dai medesimi buoni” (Cass., 15 giugno 2007, n. 13979).

Qualora il decreto ministeriale che prevede rendimenti minori di quelli riportati sui titoli sia antecedente alla data di emissione del buono fruttifero, si ingenera un legittimo affidamento del sottoscrittore nel fatto che il buono sia diretto ad assicurare rendimenti maggiori (cfr. ABF, Coordinamento, n. 6142/2020).

 

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