Ravvedimento operoso, quanto si può risparmiare?

Il ravvedimento operoso permette al contribuente di risanare una propria inadempienza fiscale, ottenendo una riduzione delle sanzioni che gli saranno applicate.

Quanto si può risparmiare?

Analizziamo insieme le diverse casistiche.  La prima cosa che dobbiamo capire è la seguente: “qual è l’errore che si intende?”

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In caso di “dichiarazione omessa”, cioè se il contribuente non ha presentato dichiarazione, il ravvedimento deve essere attuato entro 90 giorni dal termine di presentazione della dichiarazione. Nel caso delle dichiarazioni periodiche IVA, invece, entro 30 giorni dal termine di presentazione previsto. In entrambi i casi, le sanzioni verranno ridotte di 1/10 del loro valore.

Omissioni di redditi in dichiarazione e/o omissioni di pagamento di tributi

In questi casi l’Agenzia delle Entrate segue una logica ben definita: più tardi viene segnalato il problema al fisco, minore sarà la riduzione della sanzione. Più presto viene segnalato il problema al fisco, maggiore sarà la riduzione della sanzione. La riduzione della sanzione non dipende dalla gravità dell’errore, ma dipenderebbe dalla tempestività della segnalazione del proprio errore, da parte del contribuente. Il fisco riconosce, quindi, diverse riduzioni delle sanzioni a seconda di quando avviene la segnalazione dell’errore. Di seguito si riportano i principali tipi di ravvedimento:

TIPOLOGIA DI RAVVEDIMENTO TERMINE PER ATTUARE LA PROCEDURA

 

RIDUZIONE DELLA SANZIONI
RAVVEDIMENTO SPRINT 15 giorni dall’omissione 1/15 del minimo per ogni giorno di ritardo

 

RAVVEDIMENTO BREVE 30 giorni dall’omissione 1/10 del minimo
RAVVEDIMENTO MEDIO 90 giorni dall’omissione

oppure

90 giorni dal termine di presentazione della dichiarazione

 

1/9 del minimo
RAVVEDIMENTO LUNGO 1 anno dall’omissione oppure

entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione

1/8 del minimo
RAVVEDIMENTO LUNGHISSIMO 2 anni dall’omissione oppure

entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione

1/7 del minimo
RAVVEDIMENTO ULTRABIENNALE Oltre 2 anni dall’omissione oppure oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione 1/6 del minimo

Caso particolare: riduzione di 1/5 della sanzione

In caso di Imposte sui Redditi e IVA, può esserci la riduzione ad 1/5 del minimo delle sanzioni. Ciò accade qualora il ravvedimento operoso venga attuato dopo la dopo la constatazione della violazione e prima che l’Amministrazione finanziaria abbia notificato il conseguente avviso di accertamento.

Esempio pratico

Supponiamo che una persona non abbia pagato imposte per un ammontare pari a € 1.000 e che, quindi, le sanzioni applicate sarebbero pari ad € 300 (il 30% dell’importo non versato).

Supponiamo che il contribuente si accorga di non aver versato queste imposte entro 15 giorni dal termine previsto per il versamento e che decida di procedere al ravvedimento operoso con 14 giorni di ritardo. Che cosa succede in questa situazione? Di quanto si riducono le sanzioni?

In primis le sanzioni vengono ridotte della metà e quindi ammontano a 150€, in quanto il versamento delle imposte è avvenuto con un ritardo non superiore a 90 giorni. Inoltre, considerando che si tratta di “ravvedimento sprint”, la sanzioni viene ridotta come segue:

 

RIDUZIONE SANZIONE = 150 (sanzione di base) x 14/15 (14 giorni trascorsi su 15) = 14 €

Nel ravvedimento sprint si aggiunge un 1/5 per ogni giorno di ritardo trascorso.

In totale il nostro contribuente dovrà pagare:

  • 1.000 € per imposte non versate
  • 136 € (differenza tra la sanzione di base e la riduzione calcolate precedentemente)

Infine, calcoliamo gli interessi di mora, che dipendono dall’importo non versato, dal tasso di interesse legale applicato e dal numero di giorni intercorsi tra il termine previsto per il versamento ed il momento in cui viene attuato il ravvedimento operoso. Gli interessi di mora saranno i seguenti:

tasso di interesse legale = 0,8%

INTERESSI DI MORA = 1.000 € x 0,8/100 x  14 giorni/365 giorni = 0,3068 euro da arrotondare a 0,31 euro

Redditi non dichiarati o imposte non versate? Ravvedimento operoso

Cosa si intende per dichiarazione infedele?

Spesso i contribuenti possono commettere l’errore di non indicare, in una dichiarazione, importi sui quali gravano delle imposte. Di conseguenza, omettono dei pagamenti (parzialmente o totalmente). Si parla, in tal caso, di dichiarazione infedele. Quale può essere la soluzione? Cosa può fare il contribuente quando non ha adempiuto ad un obbligo imposto dal fisco? Sicuramente fare finta di niente non è la soluzione migliore e ammettere di aver sbagliato rappresenta comunque una buona azione, simbolo della professionalità di una persona che sa riconoscere quando è giusto fare un passo indietro.

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Ravvedimento operoso: cos’è?

Passando agli aspetti concreti, il soggetto in questione può fare uso del ravvedimento operoso. Si tratta di uno strumento, introdotto dall’art. 13 del D.lgs. 472/1997, con cui il contribuente può, se pur con ritardo, ottemperare a quegli adempimenti formali e/o sostanziali che non sono stati compiuti precedentemente. Per quale motivo il contribuente dovrebbe segnalare al fisco un proprio errore? Ricordiamo che il fisco sa anche essere “generoso”! Infatti viene stabilito nella normativa di riferimento che, in caso di ravvedimento operoso, il contribuente in questione ottiene una riduzione delle sanzioni a lui applicate. Il contribuente quando si trova ad utilizzare il ravvedimento operoso deve comunque versare una somma di denaro al fisco, che è composta da:

  • Imposte non versate sulle somme non dichiarate o su quelle dichiarate parzialmente;
  • Interessi che maturano su tali somme e che tengono conto del tempo in cui queste somme dovevano essere dichiarate al momento in cui si fa utilizzo del ravvedimento operoso;
  • Sanzioni amministrative. Ricordiamo che il contribuente ha comunque violato una norma tributaria e quindi è giusto che ci sia una sanzione, anche se in forma ridotta.

Bisogna precisare, però, che il Ravvedimento operoso non impedisce al fisco di effettuare attività di controllo o di continuare quelle già in corso.

Chi può optare per il ravvedimento operoso?

Il ravvedimento operoso è consentito a tutte le tipologie di contribuenti (persone fisiche, società, enti) ed è applicabile a tutti i tipi di tributi e relativi adempimenti. Una novità interessante introdotta dalla riforma del 2015, per i soli tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate (IRES IRPEF, IVA, IRAP, IMPOSTA DIREGISTRO, DI BOLLO ETC), consiste nella possibilità di optare per il ravvedimento anche se:

  • la violazione è già stata constatata e notificata al contribuente;
  • sono iniziati accessi, ispezioni e verifiche;
  • sono iniziate altre attività di accertamento (notifica di inviti a comparire, richiesta di esibizione di documenti, invio di questionari) formalmente comunicate al contribuente.

Ma resta invece precluso per effetto della notifica di atti di liquidazione e di accertamento, comprese le comunicazioni di cui all’art. 36-bis del D.P.R. 600/1973 e all’art. 54-bis del D.P.R. 633/1972 (controlli automatici delle dichiarazioni) e all’art. 36-ter del D.P.R. 600/1973 (controlli formali delle dichiarazioni).

Cosa succede per i tributi locali (es. IMU, TASI)?

Per questi tributi, il ravvedimento deve necessariamente essere antecedente a qualsiasi attività di contestazione o controllo avviata dal fisco e portata formalmente a conoscenza del contribuente. Ricordiamo, però, una novità introdotta per effetto dell’art. 10-bis del decreto legge 124/2019 (c.d. “collegato fiscale alla legge di bilancio 2020”) ed in vigore dal 25 dicembre 2019. La novità riguarda la possibilità da parte dei contribuenti di utilizzare il ravvedimento operoso, anche per le imposte locali, senza alcuna limitazione temporale, fermo restando i limiti citati precedentemente. In passato, per i tributi locali, il soggetto in questione poteva regolarizzare la propria situazione fiscale solo entro il limite temporale di un anno. Decorso tale termine, il contribuente non avrebbe potuto far altro che attendere l’accertamento della violazione da parte dell’Ente Impositore e la notificazione del conseguente atto, con applicazione delle sanzioni in misura piena, senza alcuna riduzione.

Come si perfeziona il ravvedimento?

Il ravvedimento operoso si perfeziona al momento del pagamento del tributo eventualmente omesso o versato in misura insufficiente, della sanzione ridotta e degli interessi di mora. Ricordiamo, Inoltre, che il D.L. 34/2019 (c.d. “Decreto crescita”), ha espressamente previsto la possibilità di procedere ad un “ravvedimento operoso parziale o frazionato”. In sostanza, solo per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, il ravvedimento può considerarsi perfezionato anche quando viene versata solo una parte dell’imposta dovuta, sempre che siano stati corrisposti anche gli interessi e le sanzioni commisurati alla parte del debito d’imposta versato tardivamente.

 

Avviso di Accertamento: cosa può fare il contribuente?

Avviso d’accertamento: cos’è?

Partiamo dal principio. L’avviso di accertamento è un documento con il quale l’Agenzia delle Entrate contesta una dichiarazione che il contribuente ha presentato in passato. Può riferirsi alla dichiarazione dei redditi, ma anche ad una dichiarazione relativa ad altre imposte, come ad esempio l’IVA. Il Fisco spiega, attraverso questo documento, che le imposte non sono state calcolate correttamente.  Automaticamente viene chiesto al contribuente di versare le somme che ancora sono dovute, aggiungendo a queste delle sanzioni per aver presentato una dichiarazione infedele.

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L’Avviso di accertamento può essere contestato dal contribuente?

Quando si riceve un avviso di accertamento, ci si trova di fronte ad una serie di problemi da affrontare. La questione, però, seppur complicata, può essere risolta! Innanzitutto, il Fisco può commettere degli errori e, quindi, la dichiarazione presentata dal contribuente in realtà potrebbe essere corretta. Non tutto quello che dice il Fisco è sempre vero! Che cosa succede in questo caso allora? Il contribuente, una volta venuto a conoscenza dell’atto, ha la facoltà di contestare l’avviso di accertamento, impugnandolo, con l’assistenza di un professionista. Il contribuente può dimostrare che le imposte da lui versate siano state calcolate correttamente.  Esistono, però, dei limiti temporali. Il contribuente al quale è stato notificato l’avviso di accertamento ha 60 giorni di tempo per poterlo impugnare.

Versare le somme richieste non corrisponde ad un’ammissione di colpa!

È importante non confondere il versamento delle somme richieste dal Fisco con il riconoscimento del debito tributario. Quando il contribuente non contesta l’avviso di accertamento entro il termine stabilito, tale atto diventa efficace e quindi il contribuente riconosce il proprio debito tributario.  In sostanza, il contribuente, non impugnando l’atto, riconosce di aver commesso un errore. Ciò corrisponde ad un’ammissione di colpa. Altra cosa è, invece, il pagamento del debito tributario. Con la notifica dell’avviso di accertamento, il Fisco può iniziare a riscuotere le somme dovute dal contribuente, nonostante questi possa ancora impugnare l’atto. Ciò è possibile in quanto l’avviso di accertamento rappresenta un atto completo, con il quale L’Agenzia delle Entrate contesta e dimostra, mediante delle prove, che le imposte calcolate dal contribuente non sono corrette. In virtù di tali prove può iniziare a riscuotere le somme pretese. Bisogna pagare o non pagare queste somme? Sicuramente bisogna pagarle, anche perché se non venissero versate allora il contribuente andrebbe incontro ad ulteriori sanzioni. Di fronte a tale circostanza, il contribuente, può chiedere di pagare le somme richieste un po’ per volta, il c.d. rateizzo.

Chiedere il rateizzo equivale a riconoscere il debito tributario?Assolutamente NO! Il rateizzo è solo una modalità di pagamento delle somme dovute, non equivale al riconoscimento del debito. Il contribuente, entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso, ha la facoltà di opporsi a quanto detto dal Fisco.

Conclusioni

In conclusione possiamo dire che di fronte ad un avviso di accertamento, il contribuente non deve allarmarsi, ma può benissimo fronteggiare tale situazione e contestare questo documento.  La prima cosa da fare, quando si riceve un atto tributario, è quella di rivolgersi ad un professionista (Dottore Commercialista, Avvocato) e ricercare la soluzione più consona per la problematica in questione.

NOTIFICA ATTI TRIBUTARI: UN PROBLEMA DEL FISCO O DEL CONTRIBUENTE?

 

Definizione

Con il termine notifica si intende l’azione mediante la quale un soggetto porta a conoscenza di un altro soggetto una informazione o un documento. Questa definizione è fondamentale per iniziare a comprendere il problema che stiamo per affrontare e cioè “come fa l’Agenzia delle Entrate a notificare, cioè a portare a conoscenza del contribuente, un atto tributario?”

Sembra una domanda molto semplice. L’Agenzia delle Entrate può avvalersi dell’Ufficio postale per la spedizione degli atti tributari. OK, risposta corretta (anche se questa non è l’unica soluzione adottata dal Fisco).

Conseguenze della notifica

Rendiamo, però, la situazione molto più complessa e domandiamoci “se al momento in cui il postino consegna l’atto tributario, il contribuente non è reperibile presso la propria residenza, che cosa succede?”

Questo è un tipico caso in cui il contribuente non è venuto a conoscenza di tale atto, nonostante l’intervento dell’ufficio postale. In realtà non sembrerebbe nemmeno un vero e proprio problema, dato che, prima o poi, il contribuente verrà a conoscenza dell’atto. Questo è vero, ma ricordiamo che ci sono alcuni atti tributari per i quali il fattore tempo assume grande rilevanza e questo potrebbe incidere sulla nullità dell’atto.  Prendiamo ad esempio il caso dell’Avviso di Accertamento, il quale deve essere notificato al contribuente entro il 31/12 del 4° anno successivo a quello in cui è stata presentata la Dichiarazione oppure in caso di Dichiarazione omessa, deve essere notificato al contribuente entro il 31/12 del 5° anno successivo a quello in cui non è stata presentata la dichiarazione, pena la nullità dell’atto. Dall’altra prospettiva, anche per il contribuente la questione “tempo” assume notevole importanza, infatti, una volta che l’avviso di accertamento è notificato al contribuente, questo ha 60 giorni di tempo per contestare l’Atto. Il contribuente avrà, quindi, il problema di ricercare il professionista che lo dovrà assistere e che lo stesso professionista avrà bisogno di tempo per analizzare la situazione.

Normativa di riferimento

Analizzando la normativa di riferimento, prendiamo in considerazione la legge n.890 del 1982, che disciplina il tema delle “Notificazioni di atti a mezzo posta”.  In particolare all’articolo 8 comma 1 è disposto che se l’operatore postale non può notificare l’atto alle persone che sono abilitate a riceverlo,  l’atto viene depositato entro due giorni lavorativi presso il punto di deposito più vicino al destinatario. Inoltre, “del tentativo di notifica del piego e del suo deposito è data notizia al destinatario, a cura dell’operatore postale, mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento che, in caso di assenza del destinatario, deve essere affisso alla porta d’ingresso oppure immesso nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda.  L’avviso deve contenere l’espresso invito a provvedere al ricevimento dell’atto a lui destinato mediante ritiro dello stesso entro il termine massimo di sei mesi, con l’avvertimento che la notificazione si ritiene eseguita trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al periodo precedente e che, decorso inutilmente anche il termine di sei mesi, l’atto sarà restituito al mittente. In ogni caso, la notificazione si ha per eseguita dalla data del ritiro dell’atto, se anteriore al decorso del suddetto termine di dieci giorni.” commi 4 e 5 art. 8.

Come si è potuto notare il processo di notificazione dipenderebbe dalla lettera raccomandata inviata dall’ufficio postale, dove decorsi 10 giorni dall’invio della raccomandata di avviso di giacenza, si partirebbe dal presupposto che il contribuente è a conoscenza dell’atto, e quindi da allora inizierebbero a decorrere i termini per l’impugnazione dell’atto da parte del contribuente.

Mancato invio della raccomandata di avviso di giacenza: che cosa succede?

La normativa deve essere integrata da quanto stabilito dalla sentenza della Corte Costituzionale n.346 del 1998, la quale ha dichiarato incostituzionale l’articolo 8, citato precedentemente, nella parte in cui al contribuente veniva data notizia dell’atto mediante delle formalità compiute con raccomandata con avviso di ricevimento.

Nello specifico si prevede che:

nella notifica degli atti tributari, effettuata ex art. 14 L. n. 890 del 1982, in caso di mancato recapito della raccomandata all’indirizzo del destinatario, la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data del rilascio dell’avviso di giacenza e di deposito presso l’Ufficio Postale (o dalla data di spedizione dell’avviso di giacenza, nel caso in cui l’agente postale vi abbia provveduto, sebbene non tenuto a tanto – cfr. Cass. sent. n.,2047/2016), in quanto, per il procedimento notificatorio suddetto, si applicano le norme del regolamento del servizio di recapito postale, che non prevedono la spedizione di una raccomandata contenente l’avviso di giacenza”.

Conclusioni

Quindi, in caso di mancata notificazione dell’atto tributario, l’ufficio postale è obbligato a depositare tale atto presso il luogo più vicino al contribuente o comunque presso l’ufficio postale, ma non è obbligato ad inviare la lettera raccomandata per informare il contribuente della ricezione dell’atto tributario. Questa facoltà degli uffici postali di inviare o meno la lettera raccomandata influenzerà molto il processo di notificazione dell’atto al contribuente e quindi possiamo distinguere 2 casistiche:

– in caso di invio della lettera raccomandata, l’atto si ritiene notificato dopo 10 giorni l’invio di quest’ultima

– in caso di mancato invio, l’atto si ritiene notificato decorsi 10 giorni dal rilascio dell’avviso di giacenza o di deposito presso l’ufficio postale.